«È una svolta, ma attenti a non abbassare la guardia»
Apparentemente si tratta di iniziative simili, anche se i protagonisti di oggi non lo ammettono. Ma questa volta nella tregua dell'Eta ci sono due fattori positivi: nel processo si sono impegnati anche interlocutori stranieri, ad esempio irlandesi. All'estero pensano che la tregua sia più seria di quanto non lo pensiamo noi in Spagna. Un altro elemento positivo è che questa volta la sinistra, i nazionalisti radicali, hanno la possibilità di acquisire protagonismo politico: un domani potrebbero entrare nel governo basco, non sarebbero più emarginati, e tenterebbero una sorta di sorpasso al Partito nazionalista basco. Abbandonerebbero ogni forma di violenza, come accadde con lo Sinn Fein. Nel 1998 la tregua non funzionò e l'Eta tornò alle armi: non aveva altro protagonismo al di fuori della violenza.
È possibile una certa normalizzazione come in Irlanda?
È anche una questione generazionale. Le nuove leve del radicalismo sono figli dell'emarginazione, della periferia e anche del fallimento scolastico. A questi giovani i radicali offrono una loro alternativa. Il primo problema è quello educativo.
Ma oggi qual è la situazione del Paese Basco: da quasi tre anni l'Eta non uccide più. È finita realmente?
L'Eta esiste ancora, è presente. Si può parlare in modo totalmente libero? C'è ancora paura: non tanto degli assassini, ma del boicottaggio sociale. Non ci fidiamo perché c'è ancora estorsione, c'è ancora la cosiddetta violenza di bassa intensità. L'Eta non ha ancora abbandonato le armi.
Michela Coricelli
Avvenire, 30 de junio de 2006
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